Il nostro viaggio a Parigi e l'emozionante ritorno nel nostro quartiere (+ video)

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Già nove mesi erano passati dall'ultima volta che avevamo messo piede a Parigi. Sembra strano, "étrange" direbbero i francesi, vivere per anni in un posto e poi pouf...improvvisamente non vederlo più. Ed é probabilmente per questo che quando l'11 maggio siamo saliti sul nostro aereo destinazione Paris Orly eravamo tutti un po' emozionati. Non sapevamo come sarebbe stato rivivere il nostro quartiere, rivedere la nostra casa, ripercorrere quelle vie che facevano parte della nostra quotidianità. Ecco in compenso sapevamo benissimo come sarebbe stato rimangiare i nem del nostro ristorante vietnamita, e difatti senza mantenere la suspense ci siamo tornati subito. Ma risvolto gastronomico a parte ( il che concerne non solo il vietnamita, ma croissants, baguettes e quanto altro), siamo atterrati nella Ville Lumière con tanto entusiasmo e curiosità.

La prima informazione importante é già stata data. Siamo atterrati. Già non é male. Ma distrutti, estremamente distrutti. Teo aveva dormito per tutta l'attesa all'aeroporto e quindi una volta sull'aereo era al massimo delle sue energie. Arrivati a Parigi inoltre prima di varcare la soglia degli arrivi ci sono volute quelle due orette tecniche (non per nostra iniziativa, ovviamente, ma della polizia aeroportuale) che ci hanno portato a salutare la nostra ex città con delle occhiaie e una faccia pallida manco avessimo fatto 12 ore di volo. Ma come già annunciato, siamo arrivati, e questo é l'importante. E anche la nostra valigia in stiva insieme a noi. Ancora più importante. Qui ci sono le prove, non solo dell'arrivo della valigia ma anche dell'altissimo livello di stanchezza. Persino il povero Woody ha cercato di lanciarsi dallo zainetto.

Tornare in un posto che già si conosce é sempre meraviglioso. Per me poi che sono un'inguaribile nostalgica non ne parliamo. La settimana a Parigi é stata un flipper di emozioni e di ricordi.

Il primo giorno é stato dedicato ad uno dei quartieri dove passavamo decisamente più tempo in assoluto (dopo aver pranzato al nostro vietnamita, ovviamente). Non solo per la vicinanza a casa, ma per l'atmosfera del posto. Qui ho passato infinite ore con le braccia letteralmente immerse nei vestiti nelle mie boutiques vintage preferite, qui si passeggiava la domenica pomeriggio, qui ho annunciato a Julien un indimenticabile lunedi' pomeriggio "che forse era meglio fare un test perché, forse eh, sicuramente non é cosi', ma potrei essere incinta" (9 mesi dopo é nato Teo, ero incinta), gli appuntamenti all'uscita della metro, i bar della piazza, ma soprattutto gli infiniti cappuccini bevuti al mio bar quartier generale con la mia panciona prima di andare ai miei corsi di cucito (ma anche senza panciona, e non solo prima di andare ai miei corsi di cucito). Il primo giorno siamo tornati nel Marais.

Lia ha assaggiato il suo primo macaron

E anche Teo

Il biondo in un negozio ha provato le brezza di ascoltare la musica con le cuffie.

Bene, ho un ottimo ricordo della nostra prima giornata. In particolar modo perché é stata l'unica che ho vissuto da sana e senza fazzoletto in mano. Ragazzi, non sono più fatta per 15 gradi a maggio, per la pioggia, il vento e il brutto tempo. Da vera body builder della salute, mi sono ammalata subito. Nonostante tutto, questo non mi ha impedito di continuare la nostra maratona alla ricerca di vecchi ricordi. E cosi', zaino di fazzoletti in spalla, eccoci sulla Rive Gauche.

Ho sempre amato lo spirito Rive Gauche, in particolare St. Germain. Oltre ad averci vissuto, é stato anche il mio primo vero quartiere. Quello in cui c'era la mia scuola quando ero ancora una piccola ragazzetta Erasmus. In particolare ho adorato quelle mattine quando mi ritrovavo a salire le scale dell'uscita della metro St. Germain des Prés, nelle orecchie la musica degli Strokes che usciva dal mio ipod nano rosa, attraversavo la strada lasciandomi la piazza dei grandi café alle spalle, e camminavo lungo la rue des Rennes per andare a lezione guardando la Tour Montparnasse. Mi sembrava di vivere in un film. Mi sono sempre detta "Non dimenticarti mai questo momento Miki, perché questo é un Grand Moment de la Vie". Ed eccomi qui, con la mia seconda panciona, a guardare ancora in quella direzione. No, non me lo sono mai dimenticato quel momento.

Teo ha apprezzato i pranzi con la nonna nelle brasseries parigine. In particolare ha apprezzato lasciare tutto da parte per mangiare quintali di baguette. Per fortuna che le nonne hanno sempre tanta pazienza!

Teo non é senza dubbio l'unico mangiatore di baguettes della famiglia. Io e Julien per quattro anni ogni sera abbiamo comprato una baguette (che doveva servire per la cena) e una mezza baguette in più (da mangiare per la strada prima di salire in casa - abitavamo di fronte alla boulangerie, ma mai una mezza baguette é riuscita a varcare la soglia di casa nostra). Durante la nostra settimana di vacanza, abbiamo mantenuto le vecchie abitudini.

Abbiamo anche portato il biondo nel posto in cui da sempre io e Julien sogniamo di portare i nostri bambini (sia per loro che per noi, con la stessa intensità, fra l'altro) : Disneyland! Allora, la nostra escursione voleva essere più che altro un "assaggio", sicuri che Teo fosse ancora troppo piccolino, e per questo ci siamo limitati al Disney Village. Ma visto l'entusiasmo che ha avuto una volta varcata la prima boutique, direi che la prossima volta ci facciamo il parco intero! Amo la soddisfazione che questo bimbo da ogni volta che si fa qualcosa che gli piace. Non ha smesso di dire "Whaoo" per un solo istante. E' stato fantastico!

Abbiamo pranzato sotto un'immensa proboscide di elefante in pieno clima jungle. C'erano dei grandi acquari pieni di pesci come Teo non aveva mai visto. Difficile fargli distogliere lo sguardo da quel tripudio di colori.

E poi, conclusosi il momento magico con il nostro amico Topolino (ma decisamente non il io raffreddore), siamo tornati nella nostra City.

Eccomi con in mano il mio cappuccino Starbucks, sostituto del suo compare italiano nella mia lista di cose da fare ogni mattina durante la mia folle vita parigina. Ammetto che uno dei miei piccoli piaceri della vita é passeggiare con un cappuccino pieno di vaniglia e cannella in mano per ore, ore e ore ( e chi mi conosce e sa quanto io ci impieghi a bere un misero espresso, capirà la veridicità del mio dire ore, ore e ore). Quindi, fiera del mio bicchiere di cappuccino con scritto Micalla (mai una volta che io abbia avuto l'onore di vedere scritto il mio nome per bene, in Vietnam sono stata pure Micaca), una mattina abbiamo portato il pupo in uno dei nostri giardini preferiti.

Questa piazza é magica, il giusto mix tra un'appassionante storia e un'architettura da togliere il fiato.

E poi, per l'ultimo giorno, ci siamo riservati la parte migliore. Quella decisamente più intensamente emozionante. Siamo tornati a casa.

E' stato strano ritrovarla. E la curiosità era troppo forte per poterci fermare. Cosi', complice il fatto che ricordavamo ancora i codici, siamo addirittura entrati.

In quella casa ci sono i nostri ricordi più freschi. Oltre ai recentissimi ricordi del trasloco (che insieme a noi si ricordano in modo particolarmente vivo anche il mio babbo e mio fratello immagino, e come si possono dimenticare 6 piani di scale a chiocciola...), quella é stata la prima casa di Teo. Quelle scale le ho fatte correndo per la fretta la mattina, con calma la sera mangiandomi la mia demi baguette, con la spesa, con il pancione per nove mesi e la notte del 23 febbraio con le contrazioni. Quelle scale le ho amate alla follia, perché mi portavano nel nostro piccolo nido di 33mq in cui avevo messo tutto il mio amore e in cui ci abbiamo vissuto in tre ( ma in cui ci abbiamo dormito perfino in 6, come abbiamo fatto non lo so). E' stato bello rivederle, e perfino sadicamente bello ripercorrerle per arrivare fino al nostro 6 piano.

Ho amato quella casa. Ho amato viverci. Ora la riguardo come fosse un dipinto. Un dipinto di tempi passati, che sono belli, ma che sono belli anche perché sono passati. Rivederla é stato come rivivere un flash back, bellissimo, emozionante. Ma rivederla ha rafforzato ancora di più la nostra ferma sensazione che la nostra casa é altrove, e forse lo é sempre stata.

E poi visita ai luoghi storici dei Miljian in Paris

Per poi concludere nella maniera più saggiamente degna. Babbo J ci ha voluto portare nel suo tempio del sapere, in quel posto in cui lui ha studiato e che io ho sempre osservato dalle vetrate della brasserie di fronte mentre mi bevevo il mio caffé.

Ecco il posto in cui ti basta sederti sulla piazza per sentirti più saggio. Devono essere emesse delle strane onde. La Sorbona resta uno dei miei posti da sogno.

E poi, dopo un'intensissima settimana, siamo tornati a casa. E' stato bello. Bello rivedere la famiglia, gli amici. Bello respirare Parigi di nuovo. Ma una volta atterrati nel nostro troppo piccolo Firenze Peretola, una volta in coda ad aspettare il nostro taxi che non arrivava mai, ci siamo sentiti a casa. E questo nessuno lo puo' cambiare. E' scritto nel cuore. Non c'é stato come rivedere Parigi per riconfermare l'idea che tornare nella nostra città del Rinascimento sia stata la migliore decisione che abbiamo mai preso (oltre a quella di esserci fidanzati, di avere fatto Teo, di avere fatto Lia, e di avere trovato una casa vicino ad un piccolo bar in cui fanno dell'ottimo cappuccino e in cui si possono mangiare le brioches più buone del mondo). That's Life.

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